Quando l’email marketing è fatto male

Le newsletter sono un ottimo strumento per sfruttare l’email marketing e convincere gli utenti ad acquistare i nostri prodotti e servizi. Ma quando la strategia di email marketing non funziona, spesso dipende da errori molto evitabili.

Per un utente che si iscrive a una newsletter, ricevere email che si differenziano dalla massa è fondamentale. Altrimenti o si cancella, oppure nemmeno apre l’email, rendendo inutile ogni sforzo di fidelizzazione.

Eppure, è facile commettere degli errori banali, e spesso questi dipendono da pigrizia o dalla trascuratezza dell’importanza di elementi come l’oggetto, l’anteprima, la call to action, il post scriptum finale.

L’oggetto dell’email è poco intrigante

L’oggetto è importante perché è un elemento che si distingue nella lista delle email ricevute. È il primo termine che risalta e che influisce sul tasso di clic e apertura.

L’oggetto anticipa e riassume in modo efficace e sintetico il contenuto dell’email, ma deve invitare all’azione. Cioè, non solo è bene rappresentare il contenuto della mail, ma anche spingere al clic.

Spesso invece si leggono oggetti neutri, didascalici, privi di intento e di coinvolgimento emotivo.

Ad esempio: aggiornamento settimanale, edizione di (nome del mese), clicca qui, compra ora, offerta limitata, serie di asterischi e segni grafici, oggetto in lettere tutte maiuscole.

Ignorare il testo dell’anteprima

Tutte le piattaforme di newsletter, ad esempio Mailchimp o GetResponse, consentono di scrivere il testo di anteprima.

Inspiegabilmente, questo passaggio viene spesso trascurato. Oppure, nel migliore dei casi, si scrive un riempitivo che è una sorta di riassunto del testo del contenuto.

Al contrario, il testo di anteprima funziona come un’estensione dell’oggetto, e viene visualizzato al passaggio del mouse. È quindi un motivo in più dato al destinatario per aprire l’email. Senza l’apertura non c’è nemmeno l’azione successiva.

Contenuto generico e non personalizzato

Sfruttando le potenzialità dei programmi di invio newsletter, si può personalizzare al massimo il contenuto usando:

  • nome di persona del destinatario all’inizio e nel saluto finale
  • inserire una variabile riguardo il livello di interazione tra il destinatario e il mittente (esempio: corso seguito, articolo letto, ultima email letta)
  • riferimenti alle interazioni trascorse

Ma non solo: quando il contenuto è generico e valido per tutta la mailing list, cioè poco personalizzato, dipende dalla scarsa chiarezza di obbiettivi della newsletter. E, alla peggio, da una pessima targetizzazione. Cioè il target della lista di contatti è così generico, che non è possibile far altro che scrivere email generiche.

Una mailing list poco omogenea o raccolta senza un criterio di tematizzazione, rischia di essere inutile, formata da contatti freddi, insensibili alle proposte che riceve.

Occorre dunque sfruttare ogni meccanismo automatico che consente la personalizzazione.

Contenuti noiosi e poco pertinenti

La mancata targetizzazione porta anche a creare contenuti noiosi e non pertinenti, che attirano sufficientemente l’interesse, anche quando il destinatario apre l’email.

Questo dato è misurabile nel progressivo calo delle statistiche più importanti che ci dicono se la newsletter funziona o meno:

  • Tasso di apertura delle email
  • Tasso di clic o CTR
  • Tasso di cancellazione (unsubscribe) dalla newsletter

Un trucco per mantenere alto l’interesse, è quello di creare delle “serie” di email dedicate a uno specifico argomento di nicchia, a patto che questo sia collegato al main topic della newsletter (che coincide con un interesse molto specifico dell’utente a ricevere aggiornamenti su quel tema).

Call-to-action che non funziona

Non tutte le email di una newsletter hanno lo scopo di forzare un’azione da parte del destinatario, ma di sicuro – prima o poi – il mittente desidera che chi legge clicchi sul link interno o sul pulsante.

Lo scopo? Comprare un prodotto, richiedere un servizio, cogliere un’opportunità di sconto. Gli esempi possono essere tanti.

L’obbiettivo principale di una newsletter non è quello di creare una lista di contatti, ma quello di convincere nel tempo dei contatti non pronti a fare l’azione voluta.

La call-to-action (CTA) non deve essere dunque generica, inefficace, buttata lì per caso e slegata dal contesto della email o della sequenza dei giorni precedenti.

Quando si lancia un prodotto, ad esempio (può essere anche lo sconto speciale per un’occasione specifica, come il Black Friday), la call-to-action può essere rimandata al momento del lancio.

In ogni caso va legata al testo che la procede e deve legarsi emotivamente all’intero tenore dell’email, dall’oggetto al saluto finale.

Assenza del post scriptum dopo i saluti

Il post-scriptum (PS.:) alla fine della email, cioè dopo il saluto personalizzato finale, è un altro espediente che si può usare per aumentare il coinvolgimento del destinatario.

Può essere un reminder sulla CTA, un avviso sulle prossime email o sull’imminente lancio di un prodotto. O addirittura un invito all’azione immediato, come rispondere a una domanda, così da raccogliere ulteriore feedback.

È comunque utile aggiungerlo, perché non costa nulla e serve da avviso finale.

Il footer privo di informazioni trasparenti

Il piè di pagina della email va curato fin dal primo invio e deve contenere le informazioni di trasparenza, oltre al link che consente la cancellazione.

Nel footer vanno inseriti dei collegamenti rilevanti, come l’indirizzo del sito web e/o l’indirizzo fisico dell’organizzazione che spedisce le email; un link alla privacy policy e, se rilevanti, i collegamenti ai profili social.

Queste informazioni servono a rassicurare l’utente destinatario, che dietro la newsletter c’è una vera entità, disposta a metterci la faccia, e quindi ad assumersi delle responsabilità.

Anche questi elementi contribuiscono a personalizzare l’email, contestualizzarla, e renderla distinguibile tra le tante che si ricevono ogni giorno.

In conclusione, sugli errori tipici delle email

Per chiudere, è importante curare ogni elemento delle email, quando vengono utilizzate come strumento commerciale. L’email marketing non è fatto solo di newsletter. Si può decidere di fare un unico invio a una lista di contatti acquistata da terzi o costruita tramite rapporti via social (esempio Linkedin).

È un consiglio valido anche per singole email inviate a freddo, allo scopo di promuovere un’offerta commerciale (non consigliato!).

È tipico di chi si propone a decine o centinaia di destinatari, di scrivere contenuti uguali e validi apparentemente per tutti, con il risultato di non ottenere risposta o venire ignorati.

Pietro Soddu

Senior web marketing manager

Aiuto PMI, professionisti, siti web e attività locali a trovare il loro posto nella rete, aumentando visite e ricavi.